Porto e l’amore per i libri

C’è una libreria a Porto che ha circa un secolo e mezzo di storia. Proprio davanti all’entrata si apre una scalinata, con il fondo rosso e le ringhiere di legno lavorato, che sale al piano superiore disegnando una danza serpentina. Al primo piano una caffetteria, qualche poltroncina affiancata da una lampada, dove qualche romantico siede a leggere, incurante dei turisti curiosi che scattano foto, delle pose ridicole di qualcuno, capitato lì dentro più per turismo che per amore dei libri. Ma per chi li ama davvero, i libri, la Livraria Lello è un angolo di paradiso in legno, pieno di scaffali colmi di storie. Non è altro, se non una Basilica, come una San Pietro del libro. Ovunque posi lo sguardo ti imbatti in un particolare stupefacente, qualcosa che ti riempie gli occhi e la testa, che vuoi catturare nella memoria attraverso la rete della vista. Allora, come un bambino, accarezzi qualche copia, apri alcune copertine e ne annusi le pagine, inebriato. L’unico senso che rimane insoddisfatto, nella lettura, è solo il gusto, nel senso letterale del termine. Perché un libro puoi tenerlo in mano, odorarne il profumo di carta, udire il frusciare dei fogli quando volti pagina, leggere le sue righe stampate. E sempre, sempre, un libro ha la sua storia da raccontare, il suo insegnamento da impartire, un suo modo di sognare.

Esci da quella libreria e ti aspetti che l’incanto sia finito. Ancora non sai che le sue ripide strade hanno quasi sempre qualcosa da mostrarti. I grandi edifici imponenti; una chiesa, con il suo elaborato campanile, sulla cima di una collina; un fiume che scorre più in basso; un Palazzo del Commercio maestoso, con una libreria anch’esso, una sala col telegrafo, una stanza per i ricevimenti in stile mudéjar, un tribunale che odora di castagno e scricchiola sotto i tuoi passi, un patio con una grande vetrata sopra la tua testa, che ammiri calpestando un mosaico ispirato a Pompei.

Localini curati dove mangiare, dalle pareti bianche, o cupe, alti sgabelli, esasperati nel dettaglio, che ricercano spasmodicamente, nello stile, la raffinatezza moderna. Piatti scelti, a base di pesce, accompagnati da un vino dolce o un vino verde, voi seduti a un tavolo di legno grezzo, che gustate e sorseggiate e trovate un’ispirazione, per scrivere, fotografare, pensare.

E poi ancora librerie di storie già lette, negozietti di cianfrusaglie antiche, che già qualcuno ha usato, orologi appesi ai muri, o appoggiati al suolo. Le strade scoscese, una cappella gotica che incontri per caso, cercando la fermata della metro più vicina. Profumo di cibo e caffè delizioso.

Porto è pulita, una piccola città che si riscatta, mostra e vuole mostrare. La vista dall’alto, generale, completa, non è tanto affascinante quanto il dettaglio delle sue rúas variopinte, che traboccano di particolari e di vite, già vissute o ancora da vivere.

Porto è questo, l’aria fredda di un mattino di Febbraio, la tua mano in quella della persona che ami e il desiderio di dire: “Restiamo ancora un po’”.

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